L'angolo dell'opinion-leader


Il Change Management

[ Abstract da Change Management Professional  (Giugno 2004): Newsletter dei professionisti della gestione del cambiamento nelle imprese]

 

Perchè cambiare. Il ruolo delle tecnologie e delle risorse umane.
Chi aiuta  a cambiare. Le leve del cambiamento
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Le coordinate
Ragionare in termini di change management significa oggi attuare una strategia di azioni pianificate a supporto dell'Organizzazione nel passaggio dalla realtà vigente ad un modello di realtà futura. Significa cioè accompagnare l'Azienda lungo tutto quel processo di trasformazione, che s'innesca con la riorganizzazione strutturale del business per generare valore, in coerenza con gli intenti strategici e con gli obiettivi finali di cambiamento. In sostanza una catena di mutamenti in tutte le componenti aziendali (strategia, processi, persone e cultura). Gestire un processo di cambiamento vuol dire dunque assicurare una trasformazione pianificata, condivisa, coerente e coordinata di tutte le componenti aziendali. Le aziende oggi competono anche sulla capacità di provocare cambiamenti. L'approccio La gestione fattiva del cambiamento comporta un investimento valoriale sulle leve culturali (metodi di lavoro, comunicazione interna, formazione, modalità di gestione del personale,…) per garantire coerenza rispetto alle leve strutturali (organizzazione, processi, tecnologie, …) dell'impresa stessa. Il che si traduce nei termini di un lavoro di riorientamento dei comportamenti e dei valori delle persone, vale a dire della mentalità individuale. Un compito che richiede un totale coinvolgimento del management e l'attivazione sinergica di buona parte del personale. Il cambiamento agito e visibile è la prova della trasformazione in atto, la conferma ex eventu che la visione attivata dal Vertice si è avverata.

Perchè cambiare
Il percorso del cambiamento organizzativo corre lungo i binari delle necessità provenienti dal teatro competitivo esterno. Alcuni trend significativi possono essere rappresentati dall'internazionalizzazione del business, che implica approcci organizzativi mimetici, strutturati sulla base di competenze manageriali globalizzate, in grado di rispondere in tempo reale alla complessità crescente del sistema di riferimento; la ridefinizione stilistica del concetto di lavoro e di comportamento, che richiede lo sviluppo di competenze (anche trasversali) e abilità atte a rinforzare ruoli e responsabilità personali nell'organizzazione.

Il ruolo delle tecnologie nel cambaimento
Si tratta dunque di un processo collettore di impegno e coinvolgimento verso obiettivi condivisi, di una nuova conoscenza personale e interpersonale, e di sviluppo professionale nella direzione di un "approccio diverso e più globale" al lavoro (necessario al cambiamento). In questo nuovo scenario il ruolo di supporto della tecnologia è fondamentale per accelerare il cambiamento culturale auspicato. Gli strumenti efficaci sono molteplici, fermo restando che soprattutto quelli più innovativi per il proprio business vanno sfruttati per semplificare processi e attività al fine di creare valore, velocità e agilità. La tecnologia deve infatti facilitare il raggiungimento degli obiettivi, non certo trasformarsi nell'obiettivo stesso. L'introduzione di sistemi ERP, ad esempio, permette di fruire le informazioni in maniera integrata, in modo più veloce e a livello di gruppo. Tradotto in termini di valore, ciò significa un risparmio manifesto di tempo e attività. Anche l'intranet aziendale, se mantenuta in continua evoluzione, migliora la comunicazione tra le persone, rendendo disponibili in modo rapido e semplice le informazioni utili (notizie sull'azienda, strategie, dati relativi all'andamento economico, al funzionamento aziendale, ecc). Obiettivo perseguito è il self service employee: delegare cioè alla tecnologia le attività di tipo amministrativo e a minor valore aggiunto, che un dipendente può svolgere da solo. Le aziende vincenti sono quelle che hanno creduto nella ricerca e sviluppo, che hanno investito e che hanno "curato" le risorse umane, persone e non numeri.

Cambiare la gestione delle risorse umane
Oggi anche la gestione delle risorse umane risente di un periodo di crisi a causa della prassi della funzione non sempre di concreto sostegno alle priorità di business, con eccessivo focus è sulle "tecnicalities" e non sull'individuo. E' urgente la necessità di prevedere nuove politiche per facilitare il cambiamento. Non a caso the strategic HR review parla di nuove strategie basate su progetti di costruzione della fiducia, del clima, dell'impegno attraverso un coaching professionale e piani di cambiamento culturale.

Le persone sono già diverse
L'individuo di oggi vive una rivolta emotiva verso le tecnicalities HR. Rispetto al passato, non cerca più l'equità prevedibile, un futuro che scala gradini di crescita costante su tabulati fitti e grigi. Il suo identikit è quello di un dinamico nomade. Veloce e mutevole come internet, cambia spesso opinioni, atteggiamenti, valori, posizioni, ruoli. È conflittuale con se stesso, poliangolare, dis-armonico e sopra le proprie stesse righe. Ha molte appartenenze nel privato, si "fonda" su esperienze contraddittorie ed antitetiche, è multiplo, nella misura in cui le sue tante esperienze si fondono in una personalità poliedrica. Queste caratteristiche comportano una scelta valoriale che si concretizza nell'autosviluppo, nell'autocambiamento, nella "glocalità", nella dimensione ludica e autorealizzativa del lavoro e del privato. Altro che punteggi su una gaussiana.

Chi aiuta a cambiare
Per cambiare la cultura di una azienda occorrono dei facilitator del change management, cioè delle figure professionali specializzate nella gestione del cambiamento. Si tratta di esperti esterni (spesso consulenti o temporary managers) di grande esperienza organizzativa e metodologica nei processi culturali, di sofisticata sensibilità e forte energia di driving.

Quattro Prospettive fondamentali
La strategia del facilitator si costruisce attraverso la messa in forza di cinque pilastri: pianificazione e controllo del processo di change management, predisposizione di supporti tecnici (strumenti e metodologie per la gestione e lo sviluppo del progetto adeguati agli obiettivi di cambiamento), consulenza alla Linea (consulenza al Management di Linea responsabile della gestione delle azioni di cambiamento condivise), consulenza alle persone (sostegno a realizzare iniziative personali di cambiamento ) e sviluppo delle conoscenze (gestione della conoscenza quale risorsa e valorizzazione dei knowledge diffuso per un cambiamento collettivo. Tutto ciò significa dunque spostare il focus su intelligenza, passione, creatività e conoscenza, quei valori 'intangibili' cioè che tanto peso hanno assunto nella nuova visione del bilancio d'esercizio dell'Organizzazione di domani. 

Il governo di un'impresa è sempre più influenzato da due fattori: dalla complessità esterna che non si può ridurre ma solo leggere e comprendere, e dalla abilità di costruire nuovi orizzonti e nuove prospettive collettive.

Giorgio Del Mare

Giorgio è esperto di change management ed ha gestito, in prima persona, progetti e processi di integrazione a valle di fusioni aziendali. Consulente di Confindustria sui problemi associativi, ha collaborato tra le altre attività con la Commissione per la riforma del sistema Confederale.Ha una Laurea in Sociologia dell'Organizzazione ed è Amministratore Delegato e fondatore di Methodos. Membro dell'Albo degli Psicologi italiani. È stato condirettore del Forrad (Ifi), associato allo Studio Ambrosetti, Segretario Nazionale dell'AIF, Consigliere Nazionale dell'AICOD, docente presso il Master di Relazioni Industriali dell'Università di Bologna. Fondatore di AIF, attualmente è membro della Consulta Scientifica. Ha pubblicato oltre cento articoli tecnici su riviste specializzate e più volumi di management, tra cui "Come si comunica all'interno di un'impresa" (Ed. Lupetti & Co., Milano), "Come gestire un'associazione" (Ed. Bridge, Milano), "Le Cose e le Parole" (Ed. Sperling & Kupfer, Milano).

 

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